Venezia non è solo la patria delle osterie ma anche un ottimo posto per una buona merenda.
Da fare a metà mattino, nel pomeriggio o in qualsiasi altro momento della giornata, perché c’è sempre un valido motivo per una pausa: breve, in piedi al bancone ma anche più lunga, contemplativa, seduti ad un tavolino in una piazzetta (che qui chiamano campo); da soli per leggersi il giornale o un libro, oppure in compagnia, per fare due chiacchiere “do ciacoe”.
Mentre gustate il vostro caffè, ricordate che in quella tazzina c’è la storia di una bevanda “nera” arrivata da lontano, da oriente.
Era usata dai turchi, pericolosi nemici di Venezia, “per poter vivere allegri” e “levarli da ogni pensiero” come scrisse nel 1573 il senatore Costantino Garzoni. Grazie ai suoi rapporti commerciali e al suo atteggiamento tollerante, Venezia fu la porta d’ingresso dei chicchi di caffè, inizialmente venduti a caro prezzo come spezia-medicinale nelle farmacie. Invano alcuni sacerdoti cercarono di proibirne l’uso: piacque così tanto anche a Papa Clemente VIII che fu proposta una sorta di redenzione. Ben presto il caffè divenne di moda e aumentarono gli importatori e le torrefazioni. In Piazza San Marco aprirono nel 1683 la prima rivendita di caffè e nel 1720 il primo “café” d’Europa “Alla Venezia Trionfante” più conosciuto come “Florian” dal nome del suo fondatore.
Nel Settecento a Venezia esistevano oltre duecento caffetterie, ritrovo di intellettuali e vita mondana dove deliziarsi anche con tabacco e cioccolata.
Per attirare più clienti, molti caffè crearono delle piccole salette, per giocare d’azzardo o per incontri fugaci: l’Inquisizione di Stato le proibì non tanto per motivi morali quanto perché vi circolavano libri, giornali e idee rivoluzionarie, ben più pericolose.
Della cioccolata fu gran degustatore Carlo Goldoni che la inserì nelle sue commedie e Giacomo Casanova che la offriva in tazza per sedurre, calda e fondente, arricchita di note speziate. Ancora oggi Venezia offre una serie di “golosessi” della pasticceria secca lagunare adatti anche come souvenir. I baìcoli, sottili biscotti secchi dalla forma allungata simile ad un pesce, richiedono una lunga preparazione (due momenti di lievitazione e una doppia cottura), da intingere nella tazzina (mogiar nella cicara) tipicamente venduti in scatole di latta un tempo per il trasporto in mare. Dal bizzarro nome gli Zaeti (da zàlo, giallo) sono granulosi e friabili preparati con la farina di mais fioretto, un ingrediente dalle origini umili arricchito di uvetta sultanina, talvolta ammollata in grappa, burro, uova e zucchero.
Della tradizione dolce culinaria veneziana, vi è anche il Tiramisù (che però si contende le origini con Treviso) e la crema fritta (non facile da trovare) preparata con gli avanzi di crema pasticcera nel periodo invernale.
A Carnevale, le regine sono le frittelle, con uvetta e pinoli, sempre rigorosamente coperte di zucchero a velo, mentre l’11 novembre, per i festeggiamenti di San Martino, nelle vetrine della pasticcerie veneziane appaiono dolci dalla tipica forma a cavallo e cavaliere, ricoperti di cioccolato, altre glasse e zuccherini. Piaceri di gola che tramandano storie e tradizioni: lo sapevate che il termine merenda deriva dal latino “merēre” meritarsi?